(note: this is the italian version, english translation will follow soon)
Se pensate che le profumerie siano “i negozi dove si vendono profumi”, avete ragione.
Ma se pensate che siano luoghi dove si vendono solamente profumi e cosmetici, bè, vi state sbagliando.
Esistono ancor oggi profumerie che, oltre ad essere tradizionali punti vendita, sono anche “Musei del Profumo”. Nel senso che, varcata la soglia, sembra di tornare a 30, 40, 50 anni fa. Un vero, piacevolissimo tuffo nel passato.
Ecco, nel cuore di Torino, nella ottocentesca Galleria Umberto I°, vi è un negozio che è un vero Museo Storico: la "Profumeria Elide".
Basta entrare nella "Profumeria Elide", guardarsi intorno, per capire di essere entrati in un’altra epoca.
Il proprietario attuale, il signor Gianni Bertetti, non è solamente la persona che serve il cliente, ma anche la memoria storica nel negozio. E, con nostro immenso piacere, è una persona che ama chiacchierare, raccontare storie e aneddoti della profumeria del passato.
E, soprattutto è una persona straordinariamente competente, con decenni di esperienza, e con molto spirito critico.
( Tutte le fotografie in questo articolo sono state scattate all'interno della Profumeria Elide di Torino)
Torino, Galleria Umberto I° |
AndreMoreau (AM): Buongiorno signor Gianni, ci spiega brevemente come nasce il suo negozio di profumi?
GianniBertetti (GB): L’incontro della mia famiglia con il mondo dei profumi inizia durante la guerra, nel 1944, allorché mia mamma Elide venne qui, nella Galleria Umberto I°, a lavorare come commessa. Circa quindici anni più tardi acquistò la profumeria dai titolari e ne divenne proprietaria, dandole il suo nome conservato a tutt’oggi, per l’appunto “Profumeria Elide”. Non poteva esserci un momento migliore per iniziare una attività del genere, dal momento che proprio sul finire degli anni Cinquanta in Italia cominciò il boom economico. Il negozio subì varie ristrutturazioni negli anni Sessanta e Settanta, e nel 1992 con la scomparsa della mia mamma, il negozio passò a me, e al momento odierno ne sono ancora proprietario, e la gestisco insieme a mia moglie Carmen.
Insomma, per certi aspetti, la mia famiglia è legata alla Profumeria Elide, qui a Torino, ininterrottamente da settanta anni. Settanta anni durante i quali praticamente abbiamo assistito a tutte le epoche e a tutte le tendenze della profumeria, in prima persona.
AM: Non ho difficoltà a credere che, nell’arco di 70 anni, abbiate vissuto le varie epoche e tendenze della profumeria, ma vedo anche che lei e la sua famiglia questi periodi li avete vissuti ad altissimo livello. Vedo qui la sua foto famosa, a cena insieme ad Estèe Lauder -proprio lei in persona- negli anni Settanta: mi domando quante persone, oggi, possano dire di aver cenato insieme ad Estèe Lauder!
GB: Guardi, molte persone rimangono ammirate e meravigliate per quella foto, e per altri incontri avuti con personaggi straordinari, ma per me che ho vissuto quei tempi, bè, erano cose abbastanza ordinarie! Una cosa che bisogna tener conto è che la profumeria di un tempo era un fenomeno meno “di massa” rispetto ai tempi odierni. Da una parte c’era più esclusività, nel senso che il profumo era davvero un prodotto “elegante” e non un mero accessorio come troppo spesso è considerato oggi, dall’altra parte c’era anche molto più contatto umano. Ecco, quando Estèe Lauder e il marito venivano in Italia, non era impossibile averli a cena, almeno per noi dell’ambiente. E la stessa cosa potrei dire per altri personaggi dell’epoca, come i direttori commerciali di Revlon, della stessa Estèe Lauder, oppure di Helena Rubinstein… tutte persone con le quali vi era familiarità.
AM: Parliamo proprio di un’altra epoca…
GB: Cose oggi impensabili. Parliamoci chiaro, l’aspetto commerciale era sempre importantissimo, però, e questo lo posso garantire di persona, all’epoca si coltivava molto anche il rapporto umano. Per dirlo in altri termini, non si pensava “solo ai soldi”, come avviene oggi. E poi, c’era competenza. Chi si occupava di profumi, anche relativamente all’aspetto della distribuzione, era davvero competente di profumi. Conosceva l’argomento, sapeva di cosa stava trattando. Nella distribuzione odierna, molte persone non sanno neanche un profumo che cosa sia. Contano solo le cifre. Se poi vogliamo dirla tutti, durante l’epoca d’oro della profumeria, negli anni Sessanta e Settanta, ancora fino agli anni Ottanta, c’era molto rispetto reciproco. Un rispetto oggi quasi scomparso
AM: Ecco parliamo un attimo di epoca d’oro della profumeria, senza parlare di soldi, quanto erano differenti le cifre di vendita rispetto alle attuali? Può fare un esempio?
GB: Innanzitutto bisogna considerare che dalla fine degli Anni Cinquanta in poi vi furono gli anni del boom economico, che proseguirono con alti e bassi almeno fino agli anni novanta…diciamolo, l’Italia per molto tempo è stato un paese ricco e benestante. E ciò portava a un maggior acquisto di beni di lusso come ad esempio i profumi. Insomma per farla breve, la gente spendeva di più, e anche volentieri. Giusto per dirne una, ricordo che Atkinsons veniva qui a consegnare furgoni interi di profumi, creme, saponi, schiume da barba, prodotti di bellezza….. Un altro che mi viene in mente adesso è Revlon: quando usci “Charlie”, non eravamo nemmeno in grado di far fronte a tutte le richieste. In quegli anni esistevano le “prenotazioni”, ovvero il cliente veniva in negozio e prenotava la merce che doveva ancora arrivare. E molte prenotazioni erano al buio: la gente aveva fame di novità e qualsiasi novità era ben accetta.
Un aspetto interessante è che la gente spendeva di più, per un numero di prodotti che era tuttavia inferiore a quello disponibile oggi.
AM: Come sarebbe a dire?
GB: Sarebbe a dire che il numero di profumi disponibili all’epoca era molto inferiore a quello odierno: i lanci di nuovi prodotti, sebbene molto attesi dal pubblico, erano scaglionati nel tempo, valutati, soppesati. Oggi vengono lanciati un numero spropositato di nuovi profumi ogni anno, da centinaia di produttori diversi, con una distribuzione polverizzata in mille canali differenti.
AM: Mi domando se stia parlando della cosiddetta “profumeria di nicchia”…
GB: Guardi, per noi vecchi venditori, il termine “profumeria di nicchia” è un qualcosa che fa sorridere. Penso sia essenzialmente un “fenomeno alla moda”, dettato da ragioni di profitto. Frequento ancor oggi i saloni, le fiere, osservo l’evolversi dell’ambiente. Dozzine di nuovi produttori, centinaia di nuovi profumi, i profumieri, i "nasi" che si moltiplicano a vista d’occhio….ma non stiamo esagerando? Quanti di questi nuovi marchi o profumi esisteranno ancora fra 10 anni? E della distribuzione, ne vogliamo parlare? La gente comune pensa solo al “profumo in negozio”, ma alla “distribuzione”-ovvero al come il profumo riesca ad arrivare nei negozi- non ci pensa mai. Eppure la distribuzione è importantissima: quando si ha a che fare con centinaia, migliaia di nuovi profumi, come fa ad esistere una “distribuzione”? E poi, quanti di questi “nasi” sono davvero competenti in fatto di profumi? Ho parlato con alcuni di loro, e non nascondo le mie perplessità. Ma tutti questi nuovi “nasi”, ovvero “creatori di profumi”, sono davvero competenti nel loro mestiere?
AM: A suo parere, fino a quando la profumeria ha vissuto la sua epoca d’oro, e quando invece ha cominciato a declinare?
GB: Se vogliamo parlare di periodi storici, le prime avvisaglie che qualcosa non andava le abbiamo avute, incredibile a dirsi, già nel 1990. Nel 1995 noi del settore già “sentivamo” che l’epoca d’oro era terminata, vi erano molti segni di stanchezza e il declino era cominciato.
A cosa era dovuto il declino? A quella che noi chiamiamo “cannibalizzazione” delle multinazionali. Le marche di profumi tradizionali venivano acquisite dai grandi gruppi e perdevano la loro indipendenza, dovevano tener d’occhio più il fatturato che la qualità dei prodotti, e ben presto tutto questo arrivò a ripercuotersi sul prodotto in vendita. Aggiungiamo poi i regolamenti IFRA a partire dalla fine degli anni 90, che limitavano l’uso delle sostanze usualmente utilizzate in profumeria, e il quadro è completo.
AM: Un esempio concreto?
GB: Parliamo di un caposaldo della profumeria come Guerlain. L’ultimo grande profumo di Guerlain è stato “Samsara”, nel 1989. Dopo “Samsara”, poche cose, pochissimi profumi che fossero al tradizionale livello di Guerlain, inteso come grande marchio della profumeria.
AM: Parlando di profumeria del periodo d’oro, quali sono i profumi che lei ricorda più volentieri?
GB: Tra i femminili metto "Shalimar" di Guerlain, “1000” di Jean Patou (che era il profumo di mia madre) e “Fracas” di Robert Piguet. Tra i maschili, da tradizionalista quale sono, scelgo "Vetiver" e "Habit Rouge" di Guerlain. Ma anche vecchi Hermès, come ad esempio "Equipage" e "BelAmi", e la linea tradizionale di Floris, oggi non più in produzione. Ebbene sì, sono un nostalgico!
AM: Indipendentemente dal successo commerciale e dalle sue preferenze, quali sono a suo avviso profumi “ben realizzati”?
GB: Ve ne sono moltissimi e a dirne solo alcuni si farebbe torto ad altri. Comunque i primi che mi vengono in mente sono i profumi di Hermès e quelli di Caron, capaci di trasmettere emozioni anche oggi. Altri profumi ben fatti erano i primissimi Armani, i vecchi Dolce&Gabbana. Poi anche Van Cleef &Arpels, mi riferisco a “First” e al classico “VC&A pour Homme” ….e tanti altri.
AM: Ci sono a suo avviso profumi che hanno avuto successo pur non meritandolo affatto, e viceversa?
GB: Purtroppo si, tanti profumi non hanno avuto il successo sperato, oppure sono stati rivalutati dopo essere stati ritirati dal commercio. Una cosa che non viene sufficientemente sottolineata è che il successo oggi è dato non dalla qualità del prodotto, ma dalla “distribuzione” e dalla “pubblicità” che ne viene fatta. Sono questi i due elementi che fanno il successo di un profumo. Se un profumo viene venduto solo in una-due profumerie, oppure non ne viene fatta alcuna pubblicità (costosissima peraltro) per renderlo noto, come fa il pubblico ad accorgersi della sua esistenza, e quindi a conoscere il valore e bontà?
Non voglio far nomi perché non è carino, ma molti profumi hanno avuto un grandissimo successo solo grazie a una distribuzione capillare e a una pubblicità sistematica, pur essendo – e nessuno meglio di noi lo sa- delle schifezze assolute.
AM: C’è qualche nome nella profumeria moderna sul quale si sentirebbe di scommettere?
GB: Purtroppo non vedo molti astri nascenti, a meno di non voler guardare le piccole realtà, che spero vengano notate dai grandi marchi, in maniera di poter dare una ventata di nuovo, scalfendo le linee consolidate che vengono ormai seguita da tutti –avete fatto caso a come oggi i profumi si assomiglino l’un l’altro? Consideriamo però che da “inventare” resta ben poco. A volte penso che forse sarebbe meglio rivalutare tanti capolavori scomparsi, e capire quanto fossero già avanti i creatori di profumi degli anni '30. Di questi profumi non sa più niente nessuno, eppure erano già modernissimi, anche secondo il senso attuale del termine. Ecco: “riscoprire”, più che “creare”.
AM: Tra i tanti aneddoti che potrebbe raccontare ve ne è uno in particolare che le è rimasto impresso?
GB: Poco fa mi chiedeva la differenza tra ieri e oggi. Ecco, voglio raccontarle questo: un giorno arriva in negozio una signora raffinatissima ed elegantissima, preoccupata perché il suo profumo sembrava fosse finito fuori produzione: “Ombre Rose” di Jean Charles Brosseau. La tranquillizzo dicendole che è ancora in catalogo, e lei, tutta contenta -e forse anche per paura di non trovarlo più- compra tutti i flaconi che in quel momento ho in negozio: dodici flaconi di "Ombre Rose"! Lei ha idea di quanto costasse “Ombre Rose” all’epoca? Un cliente che compra dodici flaconi per volta? Una cosa oggi impensabile.
AM: Un’ultima domanda. Come vede il futuro della profumeria?
GB: Bella domanda! Non avendo la sfera di cristallo non posso prevedere nulla, ma ritengo che l'onesta', professionalità, e voglia di imparare siano le fondamenta sui cui si può costruire qualcosa, in questo campo. E per quello che mi riguarda, dopo decenni di attività, noi ci siamo ancora.
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